La capacità di aspirare a un futuro migliore è modulata e distribuita inegualmente fra i diversi strati sociali (Appadurai, 2013; Jedlowski, 2012; Mandich, 2012). Se effettivamente la capacità di aspirare è inegualmente distribuita e la sua distribuzione asimmetrica è una caratteristica fondamentale della povertà, si incominciano a cogliere l’importanza del futuro come strumento di emancipazione.
Distinguo tre modi fondamentali di usare il futuro (Poli, 2019).
L’orientamento al futuro di gran lunga più diffuso vede il futuro come riferimento implicito, pressoché scontato, che spesso si accompagna all’idea che gli aspetti fondamentali della vita non cambieranno significativamente. Il futuro in questo orientamento rimane inarticolato, opera come sfondo tacito delle decisioni senza riuscire a diventare una risorsa attiva da usare intenzionalmente.
A fronte di questo primo orientamento ‘passivo’ al futuro, possiamo collocare una varietà di altri orientamenti ‘attivi’ che usano intenzionalmente il futuro nei processi decisionali. Di regola, l’orientamento attivo al futuro assume i tratti della ottimizzazione dello sforzo per raggiungere un obiettivo predeterminato.
L’ottimizzazione come pianificazione pone al centro delle scelte una analisi dei loro costi e dei relativi benefici. Questa tendenza vede il futuro come sfondo per effettuare scelte razionali. Le analisi per costi e benefici dipendono però almeno da una condizione preliminare, ovvero l’introduzione di un ordine univoco delle preferenze, un ordine di norma governato dalla ratio economica. In altre parole, esse presuppongono che le diverse scelte siano confrontabili rispetto a un unico criterio di organizzazione. Solo in questo caso ha senso parlare di scelta ottimale.
L’ottimizzazione come vantaggio competitivo rispetto alle altre persone implica acquisire la forma mentis, il comportamento, le competenze vincenti. Il messaggio esplicito è che il frequentare le scuole giuste e acquisire le necessarie competenze professionali e comportamentali garantiranno successo nella vita.
Le due diverse versioni di ottimizzazione che abbiamo ricordato vedono il futuro come qualcosa di essenzialmente già noto, rispetto al quale sappiamo cosa dobbiamo fare per affrontarlo.
L’analisi costi-benefici e l’acquisizione di competenze accreditate hanno senso solo se il contesto di riferimento, le istituzioni e la struttura sociale rimangono stabili. Le grandi trasformazioni in corso, le incertezze della situazione attuale, i cambiamenti tecnologici e naturali in gestazione rendono però l’orientamento al futuro come ottimizzazione una strategia sempre più irrazionale (Archer, 2013).
La logica della ottimizzazione presuppone di conoscere ciò che in realtà non è conoscibile. Il futuro è e rimane qualcosa che deve essere ancora scritto. In una situazione strutturalmente caratterizzata da elevati livelli di incertezza, l’ottimizzazione conduce a fare scelte pericolose. Ma quali potrebbero essere le alternative all’ottimizzazione?
La principale opzione alternativa ricostruisce la capacità di aspirare come apertura di possibilità, a diversi livelli, anche contraddittori, non mutualmente ordinabili in una gerarchia univoca. Nel contesto della aspirazione, il futuro vale principalmente come esplorazione di possibili futuri.
Da questo punto di vista, il futuro va inteso come possibilità di diversi modi di essere e divenire. Il futuro sarà una realtà diversa, caratterizzata da modi di essere, fare, vivere, sapere diversi da quelli del presente e del passato. Da questo punto di vista, il futuro non è un territorio da cartografare e conquistare, ma una fonte di nuove possibilità per il presente.
Se ammettiamo la possibilità di nuove, radicali novità, il compito dei decisori non può limitarsi a preparare la comunità per un futuro predeterminato che qualcuno ha già immaginato e conosciuto. Al contrario, il suo compito sarà quello di rendere possibili nuovi spazi di azione nel presente. La tesi del futuro come luogo di radicali novità trasforma il ruolo dei decisori, costruendo il presente come il luogo in cui sperimentare le novità, ciò che al momento non-è-ancora-possibile.
Roberto Poli
Cattedra UNESCO sui sistemi anticipanti e Presidente AFI
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Riferimenti
Appadurai, A. (2013). The future as cultural fact. Verso.
Archer, M. S. (2013). The reflexive imperative in late modernity. Cambridge University Press.
Jedlowski, P. (2012). Il senso del futuro. I quadri sociali della capacità di aspirare. In O. De Leonardis & M. Deriu (Eds.), Il futuro nel quotidiano (pp. 1–17). Egea.
Mandich, G. (2012). Il futuro quotidiano. Habitus, riflessività e capacità di aspirare. In O. De Leonardis & M. Deriu (Eds.), Il futuro nel quotidiano (pp. 19–30). Egea.
Poli, R. (2019). Lavorare con il futuro. Idee e strumenti per governare l’incertezza. Egea.
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