Anticipare gli scenari futuri per fronteggiare le crisi
Il futuro per essere possibile è necessario immaginarlo. Delineare scenari futuri è oggi più che mai un’urgenza dettata dalla crescente complessità del mondo che viviamo. Quello lanciato nel corso del VI Convegno nazionale dei Futuristi italiani, organizzato da AFI – Associazione Futuristi Italiani con il contributo e il patrocinio di Unindustria Reggio Emilia e Hey Futures, è un messaggio forte e chiaro: non è più possibile ragionare “giorno per giorno” o pensare solo a ciò che è stata l’esperienza passata, ma è necessario pensare a lungo termine perché lo scenario sociale, ambientale, geopolitico ed economico che abbiamo di fronte è in continuo cambiamento.
Per una giornata, lo scorso 24 giugno, il Centro internazionale Loris Malaguzzi di Reggio Emilia è stato luogo di confronto sugli studi di futuro che ha visto la partecipazione di studiosi, amministratori e imprenditori, un laboratorio che ha guardato all’innovazione sociale, alle sperimentazioni a livello internazionale sia nella dimensione pubblica, sia in quella privata.
L’evento, presentato dal presidente del Gruppo Terziario di Unindustria Reggio Emilia Fausto Piccinini, è cominciato con i saluti del presidente di Unindustria Reggio Emilia Fabio Storchi e del professor Roberto Poli, Cattedra UNESCO sui sistemi anticipanti.
“Il nostro mondo – ha esordito Storchi ringraziando AFI per l’iniziativa – sta cambiando a una velocità incredibile. Non resta che adeguarci”.
La parola è poi passata a Roberto Poli, socio fondatore e presidente dell’Associazione Futuristi Italiani, che ha voluto ricordare quanto la figura professionale del futurista è sempre più importante nelle istituzioni e nelle imprese. “È principalmente l’accelerazione dei cambiamenti – ha detto – che mette in crisi e crea problemi. Da qui la necessità di dotarsi di nuova strumentazione”.
Una prima parte di interventi del convegno è stata dedicata alle istituzioni e agli scenari futuri. Il contributo di Duncan Cass-Beggs, consigliere per la Previsione Strategica OCSE, ha evidenziato l’urgenza di interventi – politiche pubbliche e una collaborazione globale – per fronteggiare le emergenze che dovranno essere affrontate nel prossimo futuro, nei prossimi 21-30 anni: pandemie programmate, corporation che comandano sugli stati, lo sviluppo delle intelligenze artificiali, gas serra. Azioni necessarie per scongiurare un rischio catastrofico globale capace di “portare al collasso la civiltà o all’estinzione del genere umano”.
Sulla necessaria collaborazione tra gli stati, facendo anche riferimento ai rapporti che attingono dagli studi del Centro comune di ricerca della Commissione Europea, è tornato anche Filippo Vergara Caffarelli, consigliere per le Questioni Economiche Europee del Sottosegretario Vincenzo Amendola.
“L’obiettivo – ha ribadito Vergara Caffarelli – è quello di rafforzare la capacità di resistenza e resilienza alle sfide perché a queste sfide gli stati membri non possono rispondere da soli”.
Della necessità di aumentare la capacità dell’Europa di contare su se stessa ha parlato Dimitri Lorenzani, Cabinet Member of Maroš Šefčovič, European Commission Vice-President for Inter-institutional Relations and Foresight. Lo sguardo a lungo termine, come ha illustrato Lorenzani, porta a considerare la necessità di una “open strategic autonomy” senza arrivare al protezionismo, preservando dunque un’economia aperta e i vantaggi dell’interdipendenza tra i paesi. “Tutto questo – ha aggiunto – considerando il trend autocratico che sta avanzando anche tra i paesi del G20”.
Il convegno ha poi portato l’attenzione su un esempio di previsione sociale specifico, quello francese, capace di coinvolgere anche i cittadini. Grazie a Ilaria Casillo, vicepresidente della Commissione francese sul dibattito pubblico, è stato possibile sondare un’esperienza che guarda la società e le sue dinamiche anche dall’interno. “Il postulato di base dell’iniziativa francese – ha spiegato Ilaria Casillo – è di far partecipare i cittadini alle scelte del futuro, che è un’operazione di intelligenza comune per valutare il problema: la maniera in cui si pensa il problema è strettamente collegata a come lo si risolve”.
Gli ultimi interventi della mattinata hanno guardato alla pubblica amministrazione come volano di sviluppo. È stata Pia Marconi della Scuola Nazionale della Formazione a spiegare quanto oggi sia sempre più importante fornire strumenti di strategic foresight e previsione sociale ai dirigenti e ai funzionari della pubblica amministrazione. “C’è la necessità – ha detto – di promuovere lo sguardo lungo e largo per anticipare gli scenari più problematici”.
Cecilia Cellai, dirigente dell’Associazione Tecnostruttura delle Regioni per il Fse di Roma e dirigente Settore Sviluppo Sostenibile e Programma Nazionale di Riforma, ha parlato della necessità di “superare la politica a silos grazie allo strategic foresight per operare effettivamente in termini di sviluppo sostenibile affinché le politiche siano trasversali”.
Lo sguardo dell’impresa
Nella sessione pomeridiana del convegno la discussione si è spostata al mondo imprenditoriale e alla sua evoluzione. Una prima parte degli interventi è stata dedicata alla sfida della responsabilità sociale d’impresa.
Fernando Alberti, Strategique (Harvard), ha portato subito l’attenzione sul momento di ‘great rethink’ del mondo dell’impresa. “È più importante essere preparati ‘future ready’ – ha spiegato – che centrare una previsione, perché essere preparati significa avere dimestichezza con il futuro e con tutti gli strumenti della ‘future literacy” per capire dove vanno i trend”. Alberti ha evidenziato la tendenza a superare il mero profitto come scopo dell’impresa per arrivare anche oltre l’idea di Corporate Social Responsability fino al “CSV (Creating Shared Value), al fare business solo in ambiti che fanno bene al mondo. “Che significa – ha precisato – leggere i bisogni sociali e rispondere a quei bisogni”.
E di questo tema, dell’obiettivo finale dell’azienda ha parlato anche l’amministratore delegato Sisal Spa Francesco Durante. “Sisal – ha spiegato – vuole guidare l’evoluzione di tutto il settore verso la sostenibilità. In Sisal costruire un futuro più responsabile significa mettere al primo posto le regole per la tutela delle persone e per la promozione degli individui anche a beneficio di tutta la collettività”.
Sul cambio di passo nel mondo dell’impresa si è soffermato Stefano Landi, presidente Landi Renzo Spa. “Per fare impresa oggi – ha detto Landi – serve una buona dose di visione e di coraggio. Oggi è tutto molto diverso rispetto a 40 anni fa: i cambiamenti sono così veloci che le azioni di rincorsa sono difficili. Per questa ragione lo sviluppo aziendale deve avere ampia ricaduta sui territori e sulle comunità”.
Dell’importante ruolo della pratica futurista nel guidare le scelte della pubblica amministrazione ha parlato Maurizio Mosca, futurista e consulente.
“È necessario – ha detto – investire sulla pratica futurista per generare valore pubblico. Investire cioè in tutte quelle che sono sperimentazioni, reti, progetti network che sono in grado di attivare una prassi che supporta un’evoluzione”.
Dedicato alla necessità di ripensare la rappresentanza l’intervento di Michele Buonerba, presidente Laborfonds, che ha evidenziato l’importanza di fare rete sul territorio. Buonerba si è soffermato sul tema del lavoro e sul “cambio di paradigma radicale” rispetto al passato. Eppure i contratti “sembrano essere ancora in epoca fordista, con orari rigidi, capaci di rappresentare i genitori di chi lavora oggi” e “i salari reali italiani sono fermi al ’92, a 30 anni fa, unico paese OCSE”.
Il congresso, grazie all’intervento di Donato Speroni, è stata anche l’occasione per ricordare il lavoro svolto da Futura Network, un sito internet in continuo aggiornamento che, grazie a un gran numero di contenuti e approfondimenti, si propone di stimolare la discussione sul tema del futuro. “Non basta parlare di Agenda 2030 – ha detto Speroni, responsabile di Futura Network – ma bisogna guardare oltre. Per questo è nato il progetto”.
A conclusione della giornata l’atteso intervento di Roberto Poli, cattedra Unesco sui sistemi anticipanti, che ha guidato l’approfondimento sul welfare anticipante.
“Oggi – ha spiegato – sappiamo che le critiche neoliberiste al welfare sono sbagliate. E anche l’OCSE ha rivisto la sua idea: investire sul welfare è un investimento produttivo”. I tempi cambiano e anche il welfare dovrebbe cambiare, quindi bisogna intervenire prima che esplodano i problemi. “Oggi la sostenibilità del welfare – ha aggiunto Poli – dipende dal numero di donne che lavoreranno, quindi bisogna rimuovere gli ostacoli al lavoro femminile. Sappiamo benissimo quali sono i momenti in cui una famiglia va in crisi: la perdita del lavoro, la nascita di un figlio, l’arrivo della pensione. Su queste basi possiamo quindi impostare una politica d’intervento”.
C’è tanto da fare, anche se qualcosa si sta pian piano muovendo. Simona Lembi, responsabile del Piano per l’Uguaglianza della Città metropolitana di Bologna, ha portato l’esperienza bolognese per contrastare le crescenti disparità di genere e gettare le basi per un futuro di crescita occupazionale per le donne. “In Emilia-Romagna il 60% dei posti di lavoro persi a causa della pandemia – ha ricordato – erano di donne. Se poi guardiamo alle dimissioni dal mondo del lavoro vediamo che sono principalmente di madri e di volontario non c’è niente”. A Bologna si sono aperti percorsi per costruire una nuova politica. “Il Piano per l’Uguaglianza è stato depositato e sarà in adozione il 13 di luglio. Diventerà una pratica amministrativa”.